venerdì 26 ottobre 2012

LA VOLPE E LA BAMBINA



       
  La favola dell'amicizia fra una volpe e    una bambina sullo sfondo di una natura maestosa. A narrare questa storia è la voce fuori campo della bimba diventata mamma che racconta al figlio questa avventura incredibile.
 La storia parla di Bertille...un pò Pippi Calzelunghe,un pò Heidi e la piccola Tatou, una volpe che guiderà la bambina alla scoperta di boschi, cascate e grotte oscure, tra animali che popolano le montagne.
 Girato tra le montagne del nostro Parco Nazionale dell'Abruzzo, il film è una sinfonia di colori, suoni, sensazioni, una boccata d'ossigeno lontano dal caos, dallo smog e dal cemento delle nostre città. 
E in una giornata d'autunno proprio su un sentiero in mezzo ai boschi che Bertille, la bimba dalla chioma rossa e gli occhioni azzurri, mentre da scuola torna alla sua casa in mezzo alle montagne, si imbatte nel suo alter ego a quattro zampe: una piccola volpe, dal manto fulvo e lo sguardo curioso, intenta a dar la caccia ad un imprendibile talpa. La bimba rimane affascinata dal tenero animale e cerca di avvicinarlo, ma, la volpe spaventata si da alla fuga,da questo incontro casuale nascerà un'amicizia che attraverserà le stagioni.




E' arrivato l'inverno e la ragazzina con il musetto pieno di lentiggini, determinata a ritrovare la volpe si avventura in mezzo alla neve

scoprendone le tracce, ma accorgendosi anche di un branco di lupi,la bambina spaventata corre trafelata verso casa finendo per ferirsi ad una gamba.Così costretta per il resto della stagione a rimanere in casa si consola con un libro sulle volpi,
 regalatogli dai genitori,sui cui fantasticare.

Nel frattempo la volpe affronta l'inverno scappando da un affamato predatore e salvandosi fortunatamente dalle grinfie di un cacciatore,un inverno decisamente impegnativo per la piccola volpe. Ma la primavera finalmente fà capolino e il disgelo è pronto a trasformare il paesaggio innevato in una moltitudine di
colori e profumi.
La bambina finalmente guarita con la nuova stagione ricomincia la sua ricerca, grazie ai consigli del padre che le indica alcune tane di volpi sparse per la foresta,ed è proprio in una di queste tane che scoprirà che la sua amata volpe è una femmina e che durante l'inverno ha partorito dei cuccioli.
In quella primavera dopo lunghi appostamenti Bertille riesce ad avvicinare 

sempre più alla volpe,a cui ha dato il nome di Tatou. L'estate e arrivata. un giorno inseguendo la volpe,che sembra invitarla a seguirla, Bertille si smarisce nello scenario molto affascinante delle grotte passando la notte da sola sotto la luna

protetta dalla volpe e da tutti gli animali della foresta.
Al mattino sarà poi salvata dai genitori che puniranno la bambina costringendola in casa per alcuni giorni.
Un giorno d'estate mentre le amiche si lasciano andare a giochi e scorribande, due
lupi stringono la volpe su un tronco d'albe-
ro con l'intento di assalirla, Bertille riesce a far fuggire i predatori e a salvare la sua amica, che in cambio le permette di accarezzarla di giocare con i suoi cuccioli.
In un attimo le barriere che dividono le due amiche svaniscono...ma questo legame è fragilissimo.

La bambina, infatti, tenta di addomesticare
l'animale,cosa che la volpe non può accet-
tare.Un giorno decide di portare la volpe a casa sua, la volpe non essendo abituata
a vivere in ambienti chiusi impazzì e si
lanciò dalla finestra. Bertille piangendo prese fra le braccia l'animale sanguinante e lo portò nel bosco,credendola morta, ma non era così.
In seguito la bambina ritrovo di nuovo la volpe nella foresta, i due sguardi s'incontrarono ma non erano più gli stessi sguardi d'amicizia e fiducia. Da quel giorno la loro amicizia svanì e ognuno andò per  la sua strada.


"IMPARARE IL RISPETTO DELLA NATURA, IL RISPETTO DELL'ALTRO, I LIMITI DA NON SUPERARE PER NON SNATURARE CIO' CHE PIU' DI TUTTO SI DESIDERA POSSEDERE."









IL MIO CANE BRENDON

Io ho un cane, non  di razza
di bon ton non sa una mazza,
in questa casa è arrivato
perchè Alberto l'ha portato,
divieti e regole lui non vuole
così buche scava nelle aiuole,
poi il prato riempie di robaccia
frantumando carta straccia.
e non ce n'è più per nessuno
se a trovarci vien qualcuno
lui contento fà gran festa
e gli salta pure in testa!
poi gli morde piedi e mani
come fossero salami.
Non lo pieghi è un tipo tosto
evade sempre da ogni posto
perchè al chiuso non può stare
non può correre e giocare.
Gli ci vuole una curetta
che agisca in tutta fretta
che lo renda meno agitato...
e magari un pò garbato!


Brendon dopo la cura





 

 







 









domenica 21 ottobre 2012

IL RICCIO GOLOSO

Fra le foglie ormai cadute
c'è qualcuno che discute,
papà riccio poveretto
più non trova il figlioletto,
l'ha visto uscire di mattina
per cercare una melina,
ora lo cerca per tutto il prato
ma però non l'ha trovato,
poi si ferma sotto il melo
per riposare giusto un pelo,
ma lo sveglia un bel ruttino
e uno profumo di fruttino,
dietro il tronco in una cesta
c'è il piccino che fà festa,
mangia e gusta di piacere
uva, mele e due pere,
allarmato papà riccio
toglie il figlio dall'impiccio:
"Svelto andiamo birichino
che ci becca il contadino!"
Sorpreso ormai del misfatto
salta giù come fà un gatto
tende al papà poi la manina
e và, trascinando una melina.








 

domenica 6 maggio 2012

COMPLEANNO

Mi sono alzata stamattina
di un anno più vecchina
accidenti il tempo passa
e di anni ne ho una cassa
me lo dice pure lo specchio
e le rughe intorno all'occhio.
Ma la vita è proprio questa
non mi resta che far festa!

 

UN GROSSO GUAIO

Nel recinto di un pollaio
è successo un grosso guaio
ci s'asfissia dal gran puzzo
fra polli e galli c'è uno struzzo.
Ma chi sà chi ce la messo
senza bagno e senza cesso.
Può sembrare un paradosso
non solo l'uovo lui fà grosso,
e se un bisogno a da fare
non sa proprio dove andare,
perciò è sempre imbarazzato
ogni volta che ha c...ato.
Meno male che per questo
gli rimane un solo gesto...
per nascondere  la sua rabbia, 
mettere la testa sotto la sabbia.







BEL MI' PANE

 E' la volta che il mio vicino
vince l'oscar "del più cretino"
vedo che lavora nel giardino
a metter reti, tubi e covoni
cerchi, tavole e tavoloni
pianta birilli, pali e paloni...
Come una preda rintanata
in una siepe c'è la cognata
quatta zitta e accovacciata...
Ma cos'è questo bailame?!
Ho capito addestra il cane!
Ora da dire solo rimane...
Peccato...Bel mì pane!!









giovedì 5 aprile 2012

MITI DELL'ADE

Ai tempi delle leggende, c’era un uomo di nome Cerbero che faceva il guardiano di una vigna, sull’isola di Creta. Lo aveva messo là il vignaiolo, perché la vigna si stendeva lungo una strada in salita, e spesso quelli che passavano, per dissetarsi, prendevano dei grappoli d’uva.
Un giorno, camminando lungo la strada, arrivò un uomo alto, grande, dai lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle.All'inizio della si fermò, e disse a Cerbero:
"Posso prendere un grappolo di quest’uva dolce e fresca, amico? La salita è dura, e ho molta sete."Cerbero che stava davanti a lui nella vigna, rispose:
"Preferirei che mi spuntasse una coda di drago, piuttosto che lasciarti prendere un grappolo d’uva!"
L’uomo riprese a salire per la strada, a testa bassa, senza dire nulla.
Cerbero, a qualche passo di distanza, risaliva il pendio, per sorvegliare il pellegrino. A metà vigna l’uomo si fermò, e disse:
"Lasciami prendere un grappolo d’uva, Cerbero. Prenderò soltanto uno di quelli piccoli. Il caldo è terribile, e non ho più una goccia d’acqua da bere."
Cerbero, benché stupito che quell’uomo conoscesse il suo nome, rispose:
"Piuttosto che lasciartelo prendere, vorrei dei serpenti che mi spuntassero dalla schiena!" L'uomo senza dire altro riprese a salire e Cerbero, nella vigna saliva con lui
Il caldo era davvero terribile, e il guardiano, salendo, sudava e ansimava. In cima alla vigna l’uomo si fermò.Stranamente, sembrava che non fosse affaticato.
" Non c’è un filo d’aria " disse:
" Cerbero, per cortesia, lascia che prenda qualche acino d’uva, solo quelli che staranno nel palmo della mia mano".Tese avanti una mano, aperta verso l'alto, il palmo splendeva nell'aria come fosse d'oro. Sebbene stupito, Cerbero rispose: "Meglio avere tre teste di cane che lasciarti prendere gli acini di quest'uva".        
A quel punto successe una cosa strana: dal palmo della mano la luce si diffuse su tutto il corpo del pellegrino, fino ai capelli, che brillavano come una matassa di sole nell’azzurro del cielo.
" Cerbero, uomo scortese e crudele! " disse il personaggio luminoso.
" Io sono Apollo, Dio del sole, e voglio punirti per quello che hai fatto! Che siano vere le cose che hai detto, però lontano dalla mia luce!"
All’improvviso Cerbero fu trascinato da un vortice e sprofondato nel terreno che si aprì sotto di lui come se fosse acqua, e si trovò in una spelonca profonda e buia.
Non era più un uomo: era diventato un mostro dalle tre teste di cane, la coda di drago, e venti serpenti inquieti e sibilanti gli spuntavano dalla schiena.
Non parlava: abbaiava e latrava. Restò là per sempre, a fare la guardia alle profondità dell’Ade, il regno dei morti.


  
Cerbero è raffigurato da un cane a tre teste che simboleggiano la distruzione del Passato, Presente e Futuro. Per placare  i suoi terribili latrati i defunti gli offrivano del miele,posto nella tomba alla loro morte.

IL MITO AMORE E PSICHE

IL MITO PIU' BELLO
Un re e una regina avevano tre figlie. Le due maggiori erano andate spose a predendenti di sangue reale, ma la più piccola, di nome Psiche, era talmente bella che nessuno osava corteggiarla, tutti l'adoravano come fosse una dea e alcuni credevano si trattasse dell'incarnazione di Afrodite sulla terra. Afrodite sentendosi trascurata e offesa a causa di una mortale, pensò di vendicarsi con l'aiuto di suo figlio Amore (Eros) e delle sue frecce amorose. La vendetta di Afrodite consisteva di far innamorare Psiche dell'uomo più sfortunato della terra, con il quale doveva condurre una vita di povertà e di dolore. Amore accettò subito la proposta della madre ma, appena vide Psiche, rimase incantato dalla sua bellezza e confuso dalla splendida visione fece cadere sul suo stesso piede la freccia preparata per Psiche,cadendo così vittima del suo stesso inganno. Si innamorò perdutamente della giovane e con l’aiuto di Zefiro, il vento dell'ovest,una notte  la rapì conducendola in un luogo incantato. Psiche si svegliò quando sorse il sole e guardandosi intorno vide un torrente che scorreva all'interno di un boschetto, sulle rive di questo torrente s'innalzava un palazzo d'aspetto nobile che sembrava quello di un dio. La giovane entrò nel palazzo e dentro vi trovò immense ricchezze e tesori provvenienti da ogni parte del mondo...domandandosi di chi fossero tutti quei beni preziosi  delle voci gli risposero che era tutto suo e che loro erano al suo servizio.
Giunta la sera lei si coricò su un giaciglio e sentì un'ombra che riposava al suo fianco, si spaventò ma subito dopo, sentì una voce mormorarle che lui era il suo amante e che non doveva chiedere chi fosse ma soprattutto non cercare mai di guardarlo, accontentandosi solo del suo amore.Tutte le notti Amore si recava a trovarla e per tutta la notte si scambiavano parole d'amore ma prima che l'alba arrivasse, il misterioso amante spariva. Una notte però la curiosità ebbe il sopravvento nella giovane e mentre Amore dormiva accese una lampada per guardarlo, Amore si destò, vedendosi scoperto fuggì e non tornò più.

Allora il magnifico luogo dove si trovava Psiche perse ogni seduzione e divenne arido e brullo.
Psiche, abbandonata a causa della sua colpa, pensò di uccidersi gettandosi in un fiume, ma la corrente, impietositasi, la riportò sulla riva. Così iniziò a cercare inutilmente per il mondo il suo amore.
Eros, invece, tormentato dallo stesso dolore di Psiche, trovò rifugio presso la dimora materna.
Afrodite, quando seppe che suo figlio aveva osato amare una mortale, che era anche sua rivale, non potendo fare niente di male al figlio pensò di vendicarsi su Psiche. Con il permesso di Zeus
, mandò Ermes in giro per il mondo a divulgare la notizia che Psiche doveva essere punita come nemica degli dei, e che il premio per la sua cattura sarebbero stati sette baci che la stessa dea avrebbe donato.
La notizia giunse fino alle orecchie di Psiche, che decise di andare sull'Olimpo a chiedere perdono. Afrodite la fece flagellare adducendo che era la giusta punizione di una suocera addolorata.
Psiche divenne sua schiava, e inutilmente la giovane si rivolse a Demetra
ed a Era  perché la difendessero dall'odio della dea che continuava a perseguitarla dandole i compiti più ingrati e difficili. Le fu ordinato di dividere un cumulo di grano, orzo, miglio e altri semi, e separare un mucchio di perle in base alla dimensione, ma le formiche la aiutarono facendo gran parte del lavoro.
Un'altra volta la dea le ordinò di portarle il vello dorato dei montoni selvaggi, ma le canne che crescevano lungo il fiume le dissero che i montoni, verso sera, dormivano estenuati dal calore della giornata e che quindi era più facile avvicinarli.
Psiche riuscì quindi anche in questa impresa. Afrodite pretese una giara di acqua gelata dello Stige, dove viveva un drago, ma fu l'aquila di Zeus a compiere la missione per lei. Alla fine la dea chiese a Psiche di portare un vaso nel mondo sotterraneo a Persefone
, affinché vi mettesse un po' della sua bellezza, perché la dea dell'amore aveva consumato la sua nel curare il figlio.
Psiche non sapeva dove andare, quando vide una torre, pensò che da lì avrebbe potuto buttarsi per porre fine alla sua vita. Ma la torre stessa le parlò indicandole l'entrata del mondo sotterraneo.
La bella Psiche che, pur essendo ancora viva, dovette pagare a Caronte
, il traghettatore degli inferi, due volte (l'andata e il ritorno) per entrare nel palazzo di Persefone, . La dea la accolse con cortesia, prese il vaso e lo riempì.
Psiche poté così tornare nel mondo dei vivi ma, dopo tutto quello che aveva subito, non riuscì a resistere alla tentazione di aprire il vaso e prendere un po' della bellezza contenuta per sé.
Il vaso, non appena lo aprì, si rivelò vuoto e Psiche cadde a terra in un sonno profondo.
Quando Amore seppe di quello che stava succedendo, riuscì a eludere la sorveglianza della madre e a ritrovare Psiche. La rianimò e la fanciulla riconsegnò il vaso ad Afrodite.
  Zeus decise di aiutare i due innamorati, e  decretò che il matrimonio tra Amore e Psiche poteva essere celebrato. Psiche fu portata sull'Olimpo e furono celebrate le loro nozze alla presenza di tutti gli dei, ma prima Amore le fece bere l'ambrosia, rendendola immortale, e placando finalmente la gelosia di Afrodite.
Amore e Psiche avevano trovato la felicità, dalla loro unione nacque una splendida femminuccia alla quale fù dato il nome di Voluttà.

IL MITO DI CASSIOPEA

La regina Cassiopea, moglie di Cefeo re di Etiopia, era bella ma anche arrogante e vanitosa; queste ultime due caratteristiche la portarono alla sua caduta.
Cassiopea, una delle ninfe figlie del dio del mare Nereo, si vantò di essere la più bella delle Nereidi offendendo il dio Poseidone
, che aveva sposato un'altra Nereide: Anfitrice.
Le Nereidi chiesero a Poseidone di punire la superbia di Cassiopea e il dio le accontentò mandando il mostro Cetus a devastare l’Etiopia.
Per ammansire Poseidone, un oracolo disse al re Cefeo che doveva offrire sua figlia Andromeda
in sacrificio al mostro. Andromeda fu incatenata a uno scoglio in riva al mare e lasciata lì ad attendere impotente il suo destino.
Perseo di ritorno dall'impresa che lo aveva visto decapitare Medusa, vide Andromeda, s’innamorò di lei e chiese a Cefeo la sua mano se fosse riuscito ad uccidere il mostro.
Cefeo dette il suo consenso.
Perseo uccise il mostro, i sovrani gioirono e dovettero acconsentire al matrimonio della figlia con l'eroe ma Cassiopea, gelosa, tramò contro Perseo che scoprì il complotto ed uccise i suoi nemici.
 Perseo e Andromeda, dopo la morte di Cassiopea e Cefeo, divennero il re e la regina del popolo di Argo.
La vanitosa Cassiopea, dopo la sua morte, fu trasformata in in un raggruppamento di stelle  poste nella Via Lattea tra le costellazioni di Cefeo e di Andromeda, tuttavia fu, per sempre, legata ad una sedia.
A causa dell’inimicizia tra lei e le Nereidi e per darle una lezione di umiltà, è stata posta vicina alla stella polare, condannata a girare per sempre intorno al polo celeste, trovandosi così a volte a testa in giù, in una posizione poco dignitosa.
La costellazione di Cassiopea (in latino Cassiopeia) somiglia alla sedia che in origine rappresentava uno strumento di tortura. La nereide non è sempre rappresentata legata alla sedia, in alcuni disegni ci viene mostrata mentre tiene uno specchio, simbolo della sua vanità, in altri tiene una foglia di palma, un simbolismo che non è di chiara interpretazione.




mercoledì 4 aprile 2012

RICETTE AL...RISPARMIO


POLPETTE DI PANE AL SUGO

Ingredienti: Midolla di pane raffermo,latte,1uovo,pecorino,prezzemolo,aglio,polpa di pomodoro,cipolla,capperi.olio per friggere.
Ammolare la midolla di pane nel latte,creare un composto omogeneo e aggiungere prezzemolo e aglio tritati,l'uovo , il pecorino, se risulta troppo liquido aggiustare con il pangrattato. Formate delle polpette non tanto grosse e friggetele, intanto preparate il sugo sfriggendo la cipolla a cui aggiungete la polpa di pomodoro,sale e pepe. Quando il sugo si sarà ristretto mettete i capperi e le polpette,fate insaporire il tutto e servitele calde..deliziose!


martedì 3 aprile 2012

IL MITO DI DAFNE

Il Dio fluviale Peneo emerse dalle acque e si appoggiò alla riva girò gli occhi lungo il fiume e sorrise a vedere la sua figlia prediletta, Dafne, che si lavava i lucenti capelli verde oro. Era una splendida mattina d'estate, l'aria era calma e immobile...eppure la giovane avvertiva un senso di minaccia. Persino le rondini sembravano gridare "pericolo!"...Continuando a lavarsi i capelli mormorò così una preghiera a sua Madre Gea e la terra le rispose con un brivido di rassicurazione.
Dafne aveva ragione di preoccuparsi per la sua vita che verrà stravolta a causa dei capricci di due divinità: Apollo e Eros.
Racconta infatti la leggenda che un giorno Apollo, fiero di aver ucciso a colpi di freccia il gigantasco serpente Pitone alla tenera età di 4 giorni, incontra Eros che era intento a forgiare un nuovo arco e si burlò di lui, del fatto che non avesse mai compiuto delle azioni degne di gloria. Eros, il dio dell'amore,ferito dalle parole di Apollo, volò in cima al monte Parnaso e lì preparò la sua vendetta: prese due frecce, una spuntata e di piombo, destinata a respingere l'amore, che lanciò nel cuore di Dafne e un'altra ben accuminata e dorata, destinata a far nascere la passione,che scagliò con violenza nel cuore di Apollo. Da quel giorno Apollo inziò a vagare disperatamente per i boschi alla ricerca della Ninfa Dafne, perchè era talmente grande la passione che ardeva nel suo cuore, che lontano da lei era una vera sofferenza. Alla fine riuscì a trovarla...proprio lì al fiume.
Apollo di nascosto guardava Dafne mentre si lavava i capelli che rovesciadoli indietro, avevano creato una cascatella di goccioline che parevano arcobaleni. Proprio allora Apollo sbucò fuori dagli alberi e allungò una mano per catturare le gocce trasformandole in minuscoli gioielli:"Per te mia bellissima", disse il giovane protendendo la mano. Dafne si ritrasse e per paura di quel giovane sconosciuto si copri gli occhi con un braccio, ne approfittò Apollo per cingerla alla vita e rapirla scappando nel bosco. Dafne urlando cominciò a scalciare più forte che poteva e riuscì a liberarsi e a correre via invocando aiuto alla Madre Gea...improvvisabente rallentò il passo e quando abbassò gli occhi vide che dai piedi germogliavano radici,le sue braccia si sollevarono verso il cielo divenendo flessibili rami, il suo corpo sinuoso si ricoprì di tenera corteccia, i suoi bellissimi capelli si mutarono in foglie di un aroma caldo e fragrante..e il suo delicato viso svanì fra le fronde.
Dafne si era trasformata in un leggendario e forte albero che prese il nome di ALLORO. La trasformazione era avvenuta sotto gli occhi di Apollo che disperato abbracciava il tronco nella speranza di riuscire a ritrovare la sua dolce Dafne.
Il Dio Apollo proclamò che la pianta d'alloro sarebbe stata sacra al il suo culto e segno di gloria, da porsi in capo dei vincitori.




IL MITO DI CLIZIA

Clizia, una giovane Ninfa, essendo innamorata di Apollo, Dio del Sole, lo seguiva con lo sguardo ininterottamente mentre lui guidava il suo carro infuocato in tutto l'arco del cielo. Apollo lusingato da tanta devozione ricambiò il sentimento e fini per sedurre la giovane Ninfa. Ma ben presto Dio Sole si invaghì di un'altra donna di nome Leucotoe, figlia del re Orcano. Apollo era talmente innamorato della giovane che, per possederla, si trasformò nella madre di lei per poter entrare nella sua camera ed amarla. Clizia saputo il tradimento, per vendicarsi, rivelò il segreto al padre della giovane,che la punì seppellendola viva.
Apollo disperato della atroce fine di Leucotoe non volle più vedere Clizia. La Ninfa, straziata dal rifiuto, non seppe darsi pace e trascorreva le giornate sdraiata sulla terra, nutrendosi solo di brina e delle sue stesse lacrime,guardando ininterottamente Apollo che attraversava il cielo con il suo carro infuocato e che mai non le rivolgeva lo sguardo. Lentamente consumata dal rifiuto e dall'amore per il suo Dio del Sole, si irrigidì, i suoi piedi si conficcarono nel terreno, i suoi capelli divennero gialle corolle e in fine morì' o meglio s'annullò come essere umano, divenendo un fiore, il girasole,che come la ninfa in vita segue, cambiando inclinazione, l'andamento del Sole...Il grande perduto amore di Clizia.


lunedì 2 aprile 2012

FRA LE PANSE'

Dentro al vaso di pansè
vorrei sapere cosa c'è?
Quando annaffio la piantina
vedo spuntare una codina
di me ha paura e ferma stà
si bagna ma non se ne và,
piano piano guardò cos'è
ma d'un tratto più non c'è?
Scappa via è una lucertolina!
Bagnata e impaurita poverina.



FILIPPO

Al mio paese in un praticello
ieri ho visto un bell'asinello
stava sdraiato all'ombra di un pioppo
strano, mi han detto si chiama Filippo.
Prima viveva in un bosco di salci
con dei cavalli che gli davano i calci
adesso è da solo ma si sente beato...
Meglio da solo che male accompagnato!


sabato 24 marzo 2012

SAMSARA

SAMSARA: Il percorso spirituale e le tentazioni di un giovane monaco buddista.

Voglio parlare di questo film, che per la seconda volta ho rivisto l'altra sera in tv, e per la seconda volta mi ha emozionato tantissimo.
TRAMA: Un paesaggio brullo e sconfinato sul quale domina un cielo blu indaco come se ne vedono solo alle elevate altitudini. Un gruppo di monaci tibetani: un vecchio, un giovane e un bambino, sale i ripidi pendii sassosi per raggiungere l'eremo dove si trova uno di loro, Tashi, il più promettente allievo del monastero, ha appena finito il suo percorso di meditazione durato 3 anni, 3 mesi, 3 giorni, 3 ore. La singolare carovana recupera il giovane eremita, consunto dall'austera ricerca spirituale e fanno ritorno al monastero. Sulla strada del ritorno, un cumolo di pierte attrae  l'attenzione di Tashi dove sulla sommità una grossa pietra reca una frase tibetana: " COME SI PUO' IMPEDIRE AD UNA GOCCIA D'ACQUA DI ASCIUGARSI?".
Con questo interrogativo inzia la storia di Tashi un giovane monaco che dopo i rigori dell'eremitaggio scopre ancora intatti i suoi desideri:questi erano stati imbrigliati, educati e infine repressi, ma erano sempre vivi. Esplode quindi il conflitto tra la vita monastica (amata sin dall'età di 5 anni) e la vita laica, con tutti i suoi piaceri e desideri. Tashi non ha mai vissuto fuori del monastero, ed ora ne avverte fortissimo il richiamo...
Tashi inizia così un cammino inverso a quello del Buddha Siddharta, Questi aveva vissuto nel mondo e nei piaceri fino a 29 anni, per poi lasciare tutto, compresa una bellissima moglie e l'adorato figlio.
Tashi fuori dal monastero scopre l'amore e il sesso, s'innamora della bella contadina Pema, la sposa, diventa padre e commette adulterio...e scopre che il "SAMSARA" :il mondo è complicato.
Essere padroni di se stessi e dei propri desideri vuol dire controllo e disciplna, vuol dire volontà e scelta? forse è meglio non avere nulla da controllare e comandare,cioè "non essere"...ma il problema è: siamo disposti a "non essere?. Tutto è implicito nel quesito di Apo,maestro di vita di Tashi,"E più importante inseguire mille desideri o conquistarne uno solo?" Io credo che quel solo desiderio da conquistare li comprenda tutti...è l'impulso irresistibile alla vita.
La chiave del film è forse in una domanda che,infatti, apre e chiude il film.

SAMSARA è un film denso,pieno di senso e sensualità,corposo,una gioia per gli occhi, tutto questo è stato creato utilizzando pochi,ma essensiali,ingredienti: Il paesaggio,magicalmente descritto tra gli scenari della valle del Ladak, nella regione del Kashmir a 4500 mt. di latitudine; la sapiente regia di Pan Nalin che con amore e pazienza (ha impiegato 10 anni) ha scritto e diretto questo film per il semplice gusto di farlo. Con la sua sensibilità estetica fa indugiare la macchina da presa su tanti piccoli particolari che rendono emozionanti qualsiasi immagine...il gioco di luce su un velo che ondeggia al vento,su una nuvola, sui silenzi del paesaggio, sui colori delle stagioni, sulle tinte forti dei costumi dei protagonisti...sullo sfondo incantevole delle vette imalaiane sempre coperte di neve.
Qualcuno non lo capirà, qualcun' altro troverà disdicevoli alcuni aspetti della cultura tibetana...come il fatto che i bambini vengano affidati ai monasteri da piccolissimi, senza contare che lo stesso svolgersi della storia dà un'eloquente risposta a questo dubbio...Qualcun'altro non capirà le scene erotiche e non nè vedrà la bellezza e il significato strettamente funzionale alla rappresentazione del percorso interiore di Tashi.



"COME SI PUO' IMPEDIRE AD UNA GOCCIA D'ACQUA DI ASCIUGARSI?"

 "...GETTANDOLA NEL MARE."



mercoledì 21 marzo 2012

PRECARIATO

Precariato e società...
è fantasia la stabilità
il lavoro è così inquadrato
a tempo determinato!

   OMAGGIO  A  TONINO  GUERRA

" C'è sempre un giorno nella vita di un uomo
    per raccogliere la bellezza del mondo poi,
    anche se vivi mille anni è soltanto
    la ripetizione di quell'incontro che aspetti.
    Ci sono farfalle che vivono un giorno
    e in quel giorno ci sono i lampi goduti
    di tutti i desideri..."




                                                       Dipinto di Tonino Guerra:"Funerale per una formica"

FAI DA TE ....L'ARTE DELL'ARRANGIARSI

DETERSIVO PER I PIATTI

ingredienti: 3 limoni, 400 ml d'acqua, 200 ml di sale,100 di aceto
Tagliate a pezzi i limoni e togliete i semi, poi mettete tutti gli ingrediendi in un frullatore, frullate molto molto bene, il composto deve risultare finissimo, dopodichè, fate bollire il tutto per 10 minuti. Consiglio di aggiunrere un cucchiaio di bicarbonato di sodio contro il calcare. Per l'uso mettere la quantità necessaria su una pugnetta. Si può usare anche per la lavastoviglie (2 cucchiai).



PUGNETTA LAVA PIATTI
Prendere una rete della confezione di arancie ripiegatela bene...







come nella foto cucire l'estremità,tirate il filo e annodate bene...ecco fatta la pugnetta!

martedì 20 marzo 2012

IL MITO DEL VASO DI PANDORA

Si narra che Prometeo, figlio del Titano Giapeto, modello l'uomo dall'argilla donandogli sembianze simili a quelle degli dei. Oltre a creare gli uomini Prometeo volle per loro il bene e perciò con l'aiuto di Atena rubò dalla fucina di Efesto una scintilla di fuoco e la donò agli uomini, poi insegnò loro come usarlo per fabbricare armi per cacciare,  difendersi e per costriure case e vasi.
Quando Zeus si accorse che gli uomini facevano sempre più progressi, adirato punì Prometeo, lo fece incatenare ad una roccia e un'aquila ogni giorno si nutriva del suo fegato che ogni notte ricresceva, così quel supplizio sarebbe stato eterno...A Zeus comunque quella vendetta non bastava: volle punire anche gli uomini, Per suo desiderio Efesto modellò una fanciulla con creta e acqua che fù chiamata Pandora in greco significa "tutti i doni", perchè ogni Dio le fece un dono: da Afrodite ricevette il fascino, l'abilità da Atena e da Ermes la curiosità...poi vestita d'argento e inghirlandata andò al cospetto di Zeus che le donò un vaso ben chiuso,facendosi promettere però di non aprirlo mai. Quando Pandora arrivò sulla terra,Il fratello di Prometeo, Epimeteo si innamorò di lei e volle sposarla. Pandora si dimostrò una brava moglie e i due vissero felici, ma poi la curiosità, donatale da Ermes, prese il sopravvento e una notte mentre Epimeteo dormiva aprì il vaso. Piano piano la donna sollevò il coperchio, ficcò il naso nella breve fessura ma subito si distaccò inorridita, un fumo denso, nero e acre uscì dal vaso e mille orribili fantasmi si delinearono nelle tenebre...uscirono violenti dal vaso tutti i mali,tutte le brutture, tutti i dolori e i vizi! Invano Pandora cerco di richuidere il vaso,ma, il fato inesorabile si compiva e dal quel giorno la vita degli uomini fù invasa da tutte le sventure scatenate da Zeus.
Quando il fumo denso fu evaporato, Pandora,credendo che il vaso ormai vuoto, guardò all'interno e vide una grazioso uccellino azzurro, era la speranza, l'unico bene rimasto ai mortali a conforto delle loro sventure.
Zeus aveva punito gli uomini con la curiosità rovinosa di Pandora,aveva voluto che i mali fossero liberi di causar loro infiniti castighi, ma aveva donato un dolce azzurro conforto: la speranza che non abbandona mai nessuno.

domenica 18 marzo 2012

IL MITO DI ECO E NARCISO

Narciso era figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso, che innamorato della ninfa, l'avvolse nelle sue acque e nelle sue correnti possedendola. Da questa unione nacque un bambino di  indescrivibile bellezza e grazia. La madre, poichè voleva conoscere il suo destino si recò dal vate Tiresia, il più grande fra tutti gli indovini, dono avuto da Atena. Tiresia, dopo aver sentito le richieste di Liriope, le disse che suo figlio avrebbe avuto una lunga vita se non avesse mai conosciuto se stesso. Liriope non comprendendo la profezia se ne andrò e con il passare degli anni dimenticò quanto gli era stato profetizzato.
Narciso cresceva forte e di una bellezza tanto dolce e raffinata che tutti lo ammiravano, sia uomini che donne. Ma Narciso risfuggiva ogni attenzione amorosa, era pieno di vanità e insensibilità, tanto che un giorno regalò una spada ad Aminio, un suo acceso spasimante perchè si suicidasse, Aminio, tanto era grande l'amore per Narciso, ch si trafisse il cuore.
La storia vuole che la sorte di Narciso si incrociasse con quella della ninfa Eco, un incontro nefasto che fù la rovina di entrabi i giovani...
Si narra che la sposa di Zeus, Era, la cui gelosia era nota a tutti gli dei e a tutti i mortali, era sempre in cerca di tradimenti del marito e sfortuna volle che un giorno si rese conto  che la ninfa Eco, con le sue continue chiacchere la stava ingannando,dando tempo alle concubine di Zeus di mettersi in salvo. Grande fù la rabbia di Era che rese Eco destinata a ripetere per sempre solo le ultime parole dei discorsi che le rivolgevano.
Un giorno Narciso, mentre vagava nei boschi a tendere reti per catturare i cervi, viene visto da Eco che non potendo rivolgergli la parola, si limitò a rimirare la sua bellezza e estasita da tanta grazia subito se ne innamorò.
Narciso, intento a rincorrere i cervi, non si accorse di lei, ne si accorse di essersi allontanato troppo e di aver smarrito il sentiero,vistosi perso iniziò a chiamare aiuto. A quel punto Eco decise di mostrarsi, rispondendo al suo richiamo d'aiuto si presentò protendendo verso di lui teneramente le sue braccia e offrendosi come dono d'amore.Ma la reazione di Narciso fù spietata,alla vista di questa ninfa che si offriva a lui, fuggì. Eco avvilita e piena di vergogna scappò via e si nascose nel folto bosco dove incominciò a vivere in solitudine e la passione per Narciso era ogni giorno sempre più struggente che si dimenticò di vivere e il suo corpo deperì rapidamente fino a scomparire e a lsciare di lei solo la voce."D'ALLORA LA SUA PRESENZA SI MANIFESTA SOLO SOTTO FORMA DI VOCE, LA VOCE DI ECO, CHE CONTINUA A RIPETERE LE ULTIME PAROLE CHE GLI RIVOLGONO."
Gli dei vollero allora punire Narciso per la sua freddezza e insensibilità, mandarono Nemesi, dea della vendetta, che fece sì che Narciso,mentre si trovava presso una fonte, si chinasse a bere un sorso d'acqua così nel vedere la sua immagine riflessa immediatamente se ne innamorasse...così fù.
Narciso non consapevolle che aveva difronte se stesso, pieno d'amore ammirava quel volto e immergeva le braccia nell'acqua per sfiorarlo ma l'immagine scompariva non appena la toccava...
Narciso rimase a lungo presso quella fonte,senza accorgersi che i giorni scorrevano inesorabili, dimenticandosi si mangiare e bere,sostenuto solo dal pensiero che quel malefico sortilegio,che faceva si che quell'immagine gli sfuggisse,sparisse per sempre...alla fine morì presso la fonte che gli aveva regalato l'amore.
Quando le Naiadi (ninfe dell'acque) e le Driadi (ninfe delle querce) andarono a prendere il corpo per collocarlo sulla pira funebre,al suo posto trovarono uno splendido fiore bianco, che da lui prese il nome NARCISO.







mercoledì 14 marzo 2012

MY SONG











Questa canzone è dedicata al giovane GUY  BURCHETT: "Una domenica mentre ero in un stato d'animo particolare,ossessionato da certi pensieri,composi questo brano sulla morte...Il giorno dopo venni a sapere che Guy,il nostro fattorino della casa discografica,di soli 17 anni era morto in un incidente con il motorino. il giorno prima,Guy è morto mentre scrivevo questa canzone..." ELTON JHON.






Concerto di George Michael 17 Luglio 2007 "Summer Festival" LUCCA...................io e Vanna c'eravamo!!! Spettacolare! mitico!!



                                                                              

martedì 13 marzo 2012

MILU'

Milù mi sveglia ogni mattina
accarezzandomi con la zampina,
è una gattina molto affettuosa
con una faccina un pò curiosa,
ha due occhioni tondi tondi
e dei baffi lunghi e biondi
dove nel mezzo spicca un nasino
lucido, rosa e piccino piccino.
Milù miagolando ogni mattina
mi segue veloce dritta in cucina,
lì io preparo il caffè con le fette
per lei una ciotola con le crocchette,
poi le riempio di latte un piattino
dove lei tuffa golosa il musino,
dopo la pappa và verso la soglia
e si addormenta nella cesta di paglia.